La cinquecentesca Villa Giustiniani, meglio nota come Cambiaso, oggi sede della facoltà d’Ingegneria. All’interno del piano nobile gli affreschi del “giorno” del Bergamasco e della “notte” di Luca Cambiaso.
“Fu il 15 giugno 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l’ultima volta in mezzo a noi. Ricordo come fosse oggi. Eravamo nella sala da pranzo della nostra Villa… le finestre inquadravano i folti rami del grande elce del parco”.
(Italo Calvino, Il barone rampante)
La Grande Bellezza…
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Sottoripa imbandierata a festa
Il centro commerciale coperto più antico del mondo addobbato a festa in occasione del compleanno della Costa Crociere.
Ne sono testimoni secolari gli archi dell’acquedotto medievale il cui tracciato era già presente dall’epoca romana.
Sulla sinistra uno scorcio della parte più antica del Palazzo San Giorgio nelle cui prigioni Marco Polo scrisse il Milione e dalla quale transitarono milioni e milioni di palanche.
La Grande Bellezza..
Campanile delle Vigne in notturno
Via XX Settembre
La Grande Bellezza…
Palazzo Niccolò Spinola
Gabbiani e Grifoni
In Saecula saeculorum.
La Grande Bellezza…
Palazzo Sopranis
È l’unico palazzo di tutto il centro storico isolato da altri edifici su tutti i lati.
Si tratta del cinquecentesco Palazzo Sopranis poi Peirano in Via dei Giustiniani i cui sbiaditi affreschi di scuola genovese (ammirabili anche da Vico e Piazza Valoria) sono testimoni di fasti che furono. Sui quattro prospetti sono rappresentati Cesari e guerrieri romani alternati a putti, allegorie delle virtù e stemmi araldici volti a celebrare le gloriose gesta della famiglia.
Testimoni di un tempo in cui le colorate raffigurazioni abbagliavano i passanti con bagliori di bellezza, di grande bellezza.
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La Grande Bellezza…
Villa Rosazza
Villa Rosazza, detta dello “Scoglietto” perché un tempo si affacciava a picco sul mare. Costruita nel ‘500 per volere del Doge Di Negro, venne ristrutturata sul finire del ‘700 dalla famiglia Durazzo. Fra i suoi celebri ospiti quali la futura regina d’Inghilterra Carolina di Brunswick, Papa Pio VII, Honorè de Balzac e Lorenzo Pareto (l’eroico comandante della Guardia Civica che si oppose ai bersaglieri del La Marmora durante il Sacco di Genova del 1849).
Dietro la Villa quel che rimane del grandioso parco fortemente ridimensionato nell’800 per la costruzione della ferrovia e della strada litoranea (oggi Via Milano).
In primo piano il trionfo del rosa.
La Grande Bellezza…
La Torre e il Campanile
Intanto la Croce rossa in campo bianco sventola orgogliosa e unisce le due tradizioni che hanno fatto la storia della Superba.
La Grande Bellezza…
Foto di Leti Gagge.
“Ancora una volta”…
Scritta di getto due giorni dopo la tragedia del 14/8/2018 del crollo del Ponte Morandi. Un umile ma sincero pensiero volto a trasmettere un po’ di orgoglio e senso di appartenenza per la nostra Comunità.
ANCORA UNA VOLTA!
Non ti ha scoraggiato la guerra
ma ancora una volta,
Ti frana sotto i piedi la terra.
Roma oggi contrita ti porge il Tricolore
ma ancora una volta,
domani sarai sola con il tuo dolore.
Costretta a piangere in silenzio i tuoi figli
ancora una volta,
vite spezzate come petali di fiori vermigli.
In silenzio e con ritegno,
quando ancora una volta,
è grande lo sdegno.
Persino il tempo ha disatteso il suo mandato stavolta,
si è fermato,
ad ascoltare un momento
ancora una volta,
delle sirene del Porto il disperato lamento.
GENOVA ferita,
ancora una volta,
Genova tradita.
Genova di nuovo in ginocchio,
si ancora una volta,
ma con lo sguardo fiero
Rialzati!
Ancora una volta,
Rialzati per davvero.
Campanile di S. Maria di Castello e Torre De Castro spuntano fra le gomene del Neptune.
Foro di Leti Gagge.
Più che mai:
“Padroni di una corda marcia d’acqua e di sale che ci lega e ci porta in un caruggio di mare”.
Cit. “Creuza de ma” 1984 Faber.
Il ponte Morandi in quel maledetto agosto 2018
Versione in lingua genovese:
ANCON INA VÒTTA!
A no t’à descoragiòu a goæra
ma ancon ina vòtta,
a tæra a te derua de sotta a-i pê.
Romma ancheu pentîa a te porze o tricolore
ma ancon ina vòtta,
doman ti saiæ sola co-o teu dô.
Costreita a cianze in scilensio i teu figgi
ancon ina vòtta,
vitte stocæ comme feugge de sciôe cô rosso incarnatto.
In scilensio e con ritegno,
quande ancon ina vòtta,
o l’è grande o sdegno.
Finn-a o tempo o l’à tradio o seu mandato
stavòtta,
o s’è afermòu,
a stâ a sentî ’n momento
ancon ina vòtta,
o lamento despiòu di corni do pòrto.
Zena feria,
ancon ina vòtta,
Zena tradia.
Zena torna in scê zenogge,
scì ancon ina vòtta,
ma con sgoardo fêo
îsite torna!
Ancon ina vòtta
îsite pe dindavéi.