Genova… vera ebbrezza

“L’antica cattedrale di San Lorenzo è una delle cose più notevoli che abbiamo visto a Genova: vasta, con colonnati, maestosi pilastri e un grande organo, e la consueta pompa di dorature, dipinti, volte affrescate e così via. Io naturalmente non potrei descriverla: per farlo ci vorrebbe un bel numero di pagine”

(Cit. Mark Twain).

“… Genova. Qui mi parve veramente che l’agognato miracolo stesse per compiersi. Ancora oggi la splendida impressione di questa città combatte in me la nostalgia della rimanente Italia. Passai alcuni giorni di vera ebbrezza; ma fu certamente la mia grande solitudine in mezzo a queste impressioni che ben presto mi fece sentire l’estraneità di questo mondo, in cui mai mi sarei potuto sentire come in casa mia. Incapace di visitare secondo un piano regolare i tesori artistici della città, mi abbandonai senza guida ad una specie di sentimento musicale del nuovo ambiente in cui mi trovavo, e cercai prima di tutto il punto in cui avrei potuto fissarmi e godere tranquillamente delle mie impressioni.

(Cit. Richard Wagner).

La Grande Bellezza…

Il Mare di Settembre

Il mare di Settembre non si può spiegare, si può solo respirare.

“Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti

arrivederci fratello mare
mi porto un po’ della tua ghiaia
un po’ del tuo sale azzurro
un po’ della tua infinità
e un pochino della tua luce
e della tua infelicità.
Ci hai saputo dir molte cose
sul tuo destino di mare
eccoci con un po’ più di speranza
eccoci con un po’ più di saggezza
e ce ne andiamo come siamo venuti
arrivederci fratello mare”.
(Nazim Hikmet)

Di che incommensurabile fortuna godiamo noi che invece abbiamo il privilegio di viverlo e ammirarlo ogni giorno!

Nel blu cupo, azzurro turchese, verde smeraldo o grigio perla che sia, io e te uniti per sempre… e anche i pensieri, per un momento, cessano ammutoliti il loro moto perpetuo.

La Grande Bellezza…

In foto il mare e la spiaggia di Deiva Marina.

“Affreschi e fresco di Cantine”…

La Piazza deve il nome alla famiglia di calzolai degli Invrea probabilmente originari di Ivrea. In principio la piazzetta era conosciuta come Squarciafichi dal nome della nobile e poliedrica omonima famiglia. Costoro infatti fornirono alla Repubblica pirati, condottieri e dogi ma anche letterati e notabili.

Curioso è il toponimo che invece il popolo aveva attribuito al luogo chiamandolo piazza delle “animette” per via di una bottega specializzata nella vendita di bottoni d’osso e di madreperla.

All’angolo con l’omonimo vico una trascurata edicola del XVIII sec. che ospitava un tempo una Madonna col Bambino oggi scomparsa. Il tempietto è in stucco bianco con base a corolla e grande fastigi riccioli.

“Palazzo Lercari in Piazza Invrea”.

Al Civ. n. 8 in un edificio del XIII – XIV sec  Palazzo Lercari seriamente danneggiato durante i bombardamenti dell’autunno 1942: guardando il secondo piano si notano fregi di archetti e loggiato con due archi in conci bicromi, ovviamente brutalmente tamponati e violentati dalla presenza di imponenti finestre posticce. Al terzo piano si stagliano due quadrifore con archetti scolpiti, muratura in laterizio con archi in conci bicromi. All’ultimo piano dominano due trifore con resti di decorazioni sugli archetti.

“Portale di Palazzo Invrea”. Foto di Leti Gagge.

Al Civ. 3a un sovrapporta in marmo con due stemmi, corona e trigramama di Cristo abraso.

“Particolare del sovrapporta del Civ. 3a”. Foto di Leti Gagge.

Al Civ. 5 l’edificio principale della piazza: Palazzo Invrea, edificato su presistenti proprietà medievali, conosciuto anche come Mascardi o Squarciafico del XVI sec.

Il portale si presenta in marmo con semi colonne doriche scanalate e fregi di clipei e brucani.

Sul portone in ferro borchiato un curioso batacchio con fregi la cui forma richiama la lussuriosa presenza per un certo periodo, data la sofisticata ubicazione, di una casa di piacere per facoltosi clienti. La zona infatti presentava ancora fino alla loro abolizione, avvenuta con la famigerata Legge Merlin del 1958, diversi bordelli: oltre a quello di Palazzo Squarciafico i vecchi ne ricordano uno più popolare nel vicino Vico dei Ragazzi, assai gettonato, perché consentiva, previo adeguata mancia, l’accesso ai minorenni.

“Significativo batacchio del portone di Palazzo Invrea”. Foto di Leti Gagge.
“Prospetto affrescato”. Foto di Leti Gagge.
“Brani degli affreschi di Ottavio Semino”. Foto di Leti Gagge.
“Particolari del Ratto delle Sabine del Semino”. Foto di Leti Gagge.
“Ancora scene del Ratto delle Sabine”. Foto di Leti Gagge.

Ai piani alti rimangono tracce degli affreschi di Ottavio Semino dei quali, quelli sotto il cornicione, descrivono il celebre “Ratto delle Sabine”.

Dal civ. n. 3 si accede al ristorante “Le Cantine Squarciafico” (oggi trasferitosi nella vicina Piazzetta dell’Amico n. 2), locale un tempo utilizzato come cisterne del palazzo e, secondo alcune fonti nel Medioevo, anche come prigione. Le colonne all’interno sono in pietra con capitelli tardo gotici di reimpiego (bottino di guerra?).

“Interni e colonne del Ristorante Le Cantine di Squarciafico”.

Nei pressi dell’archivolto di Vico dei Ragazzi sono visibili, ultima sorpresa, tracce della più antica cinta muraria di cui si abbia prova concreta, quelle del X sec.  Si tratta dei resti di una delle due torri Squarciafico (l’altra é all’interno delle cantine dell’omonimo palazzo) risalenti a quell’epoca.

Altri brani di questa millenaria testimonianza si possono ammirare in Via Tommaso Reggio, vicino all’Arcivescovato.

“Archivolto di Vico dei Ragazzi. In primo piano a destra le antichissime mura del X sec.”.

In Piazza Invrea basta solo uno sguardo per passare dagli affreschi del Semino, attraverso mura millenarie, al fresco delle Cantine degli Squarciafico.

Vetrate colorate

Terza scena secondo atto del Percorso iniziatico del romantico Parco di Villa Pallavicini a Pegli: Castello del Capitano

Giunti alla sommità del colle si deduce che il borgo oggi non più esistente era governato da un valoroso Capitano, che abitava nel castello ora diroccato (il marchese volle farlo costruire da Canzio secondo il tipico immaginario ottocentesco del castello medievale: con un’alta torre, le merlature, le vetrate colorate, il ponte levatoio).

“Le persone sono come quelle finestre di vetro a specchio. Brillano e luccicano quando il sole è alto, ma quando arriva l’oscurità, la loro vera bellezza si rivela solo se vi è una luce all’interno”
(Elizabeth Kubler-Ross).

La Grande Bellezza…

Grigio Perla

Andarsene via così, se possibile, dev’essere ancora più dura che in un giorno di sole… e già viene voglia di tornare…

“Andare via lontano a cercare un altro mondo, dire addio al cortile, andarsene sognando. E poi mille strade grigie come il fumo, in un mondo di luci sentirsi nessuno. Saltare cent’anni in un giorno solo, dai carri dei campi agli aerei del cielo. E non capirci niente e aver voglia di tornare da te”.

Cit. da Ciao Amore di Luigi Tenco.

La Grande Bellezza…

In copertina: il grigio dei tetti del centro storico. Foto di Leti Gagge.

Notturno a De Ferrari

La luna risplende nel blu cobalto del cielo. Anche lei si fa largo impaziente fra le case per sbirciare la fontana intitolata al Duca benefattore.

Quando spunta la luna

tacciono le campane

e i sentieri sembrano impenetrabili.

Quando spunta la luna

il mare copre la terra

e il cuore diventa

isola nell’infinito.

Cit. Federico Garcìa Lorca.

La Grande Bellezza…

Foto di Andrea Robbiano.

“Di Piazza in Piazza”…

… storia di Piazza dell’Agnello e Piazza Pinelli…

La piazzetta dell’Agnello deve il nome alla presenza al civ. 9 di un rilievo marmoreo che rappresenta – appunto – un agnello che regge uno stendardo.

Al civ. n. 6 si trova il Palazzo di Vincenzo e Carlo Pallavicino, l’edificio più importante della piazzetta, noto anche come Pallavicino Richeri o Palazzo Cicala.

“Il rilievo dell’agnello al Civ. n. 9”.

Fu progettato da Bernardino Cantone nel 1542 su precedenti proprietà e, nella parte esterna, era decorato con sfarzosi affreschi di Lazzaro Calvi, lo stesso magnifico artista che ha realizzato le pitture del Palazzo Antonio D’Oria (Prefettura). Oggi, di queste splendide opere rimane solo una traccia sbiadita che meriterebbe un adeguato restauro.

Il portone a colonne doriche che poggiano su basi decorate con fregi di teste di leone, meduse, trofei di guerra è attribuito ai grandi maestri antelami rinascimentali (provenienti dal comasco e dall’alta Lombardia) Giacomo della Porta e Nicolò da Corte.

Sull’architrave risaltano due sinuose figure femminili adagiate su un letto di cornucopie ricche di fiori e frutti, che rappresentano le virtù. In origine le due statue reggevano lo stemma del Casato che è andato perduto.

Al primo piano le finestre con gli archi a tutto tondo sono nobilitate da tre sculture di Tritoni che sorreggono panoplie. Non si conosce con certezza l’autore di tali opere tuttavia secondo alcuni studiosi sarebbero addirittura riconducibili nientepopodimeno che al Montorsoli (chiesa di S. Matteo e relativa Cripta, giardini Villa del Principe).

Scenografico come si conviene l’atrio e le scale con le volte a crociera con peducci in pietra nera, colonne doriche e, all’ultimo piano, una balaustra con colonnine, capitelli, profilo cordonato e una testina in marmo, sporgente.

Molti dei portoni interni che dividono i singoli appartamenti sono impreziositi da portali con decorazioni e fregi.

All’esterno del palazzo una lapide ricorda il presunto padrone di casa Lanfranco Cicala, poeta e uomo di legge del XIII sec. Presunto per non dire “apocrifo” visto che secondo gli storici l’illustre letterato sarebbe nato in Piazza delle Scuole Pie. Gli stessi non concordano invece sull’origine del casato: secondo alcuni proveniente dalla Germania, per altri da Ventimiglia o persino, secondo altre fonti, da Lerici.

In ogni caso la famiglia Cicala sarebbe giunta a Genova intorno al 942.

Piazza dell’Agnello”. Foto di Leti Gagge.
“Scorcio della Piazza”. Foto di Leti Gagge.
“Fregi della base della prima colonna”. Foto di Leti Gagge.
“Fregi della seconda base dell’altra colonna”. Foto di Leti Gagge.
“Elegante Portone di Palazzo Cicala”. Foto di Leti Gagge.
“Testina di marmo su balaustra di Palazzo Cicala”. Foto di Leti Gagge.

Al civ. n. 2 risalta un altro edificio del sec. XVII il cui portone in marmo è decorato con semi colonne doriche rudentate. Sul sovrastante architrave due mascheroni e putti reggono un cartiglio abraso. Sovrastato da un mascherone ghignante il timpano spezzato una cornice con il trigramma di Cristo.

Anche la famiglia Pinelli che dà il nome alla vicina Piazza e che si è sempre distinta nell’ambito della fazione ghibellina, ha origine germaniche. Intorno a questa piazza ruotavano tutte le attività legate alle consorterie del loro importante Albergo denominato degli Scipionibus. Un Casato assai influente a Napoli e Venezia ma soprattutto a Siviglia in Spagna, quartier generale dei suoi ingenti e remunerativi traffici marittimi.

Al civ. n. 5 si nota un curioso quanto insolito sovrapporta con due angioletti in volo che sorreggono il trigramma di Cristo. Tali tipologie decorative infatti erano prerogativa di edifici a carattere religioso per cui si suppone che tale fregio sia stato recuperato da qualche chiesa o oratorio o, comunque, arredo sacro.

Al civ. n. 2 la dimora più importante della piazza: il Palazzo Pinelli Parodi del XVI sec. caratterizzato da un elegante portone in marmo bianco con colonne ioniche scanalate. All’interno atrio e scale sono con volta a crociera. Le colonne sono doriche mentre tutto il rivestimento dello zoccolo presenta colorati azulejos. Gli esterni sono decorati con affreschi e disegni architettonici. Inglobata ormai nella proprietà tracce della torre medievale appartenuta in precedenza alla potente famiglia dei Cebà.

Al civ. n. 1 il portone in pietra con semi colonne doriche in marmo. Sul trave in pietra nera di Promontorio sono inserite le decorazioni con elmi e clipei in marmo.

Il restauro avvenuto circa un decennio fa ha permesso il parziale recupero di brani degli affreschi che lo decoravano sfarzosamente in ogni suo centimetro.

Al civ. n. 3 un altro portale in pietra nera adornato con medaglioni imperiali e trave decorato con fiori vari e lo scudo, oggi abraso, del Casato. Sopra si notano tre finestrelle a bifora rettangolare con colonnina centrale del XIV sec.

“Vano scale Palazzo Pinelli Parodi”. Foto di Leti Gagge.

Le due poco celebrate, rispetto ad altre contrade dei caruggi, Piazzette costituiscono comunque preziosa testimonianza di un glorioso e opulento passato.

“Sovrapporta del civ. n. 5”. Foto di Leti Gagge.
“Sotto le doppie finestre brani di rivestimento in azulejos”. Foto di Leti Gagge.
“Piazza Pinelli”.Foto di Leti Gagge.
“Scorcio della piazza visto da Palazzo Pinelli Parodi”. Foto di Leti Gagge.
“Torre Cebà inglobata nel Palazzo Pinelli”. Foto di Leti Gagge.
“Portale Palazzo Pinelli Civ. n. 1”. Foto di Leti Gagge.
“Ancora il portale del Civ. n. 1 con tracce di affreschi sopra il trave”. Foto di Leti Gagge.
“Curiosando dietro il Portone del Civ. n. 1”. Foto di Leti Gagge.
“Da dentro il Portone del Civ. n. 1”. Foto di Leti Gagge.
“L’accesso dello scalone interno”. Foto di Leti Gagge.

La Lanterna

No questa mi spiace non si può proprio confondere con nessun’altra costruzione umana. Buon Compleanno Lanterna. 890 anni e non sentirli. “Un faro che illumina dove il sole non arriva”.
La Grande Bellezza…