Storia di un baldacchino…

…. di un trono… di giochi di potere… di un Arcivescovo e di un Doge…
La nomina di Stefano Durazzo ad Arcivescovo di Genova nel 1635 da parte della Santa Sede fu causa di attrito con le autorità civili della Repubblica.
Questi infatti, per circa due anni non mise piede in città delegando la carica ad un suo fidato Vicario.

IDurazzo
“Il Cardinale Stefano Durazzo Arcivescovo di Genova nel 1638… quadro del Carbone esposto a Palazzo Bianco”.

Il Cardinale, una volta decisosi ad impossessarsi della sua cattedra, pretese di entrare in San Lorenzo in baldacchino e di essere chiamato con il titolo di “Eminenza”.
Il Senato rigettò tale richiesta e questi, per tutta risposta, si rifiutò di incoronare quello che avrebbe dovuto essere il primo Doge con tutte le attribuzioni regali, Agostino Pallavicino. Il novello Doge venne così incoronato, fatto inaudito, dall’Abate di Santa Caterina, nell’omonima chiesa e non in Cattedrale, dall’Arcivescovo.
Non contento l’alto prelato respinse anche la richiesta del Senato di erigere, in posizione rialzata rispetto a quella vescovile, un baldacchino da collocarsi, all’interno di San Lorenzo, al posto della cattedra episcopale.
Genova, infatti, da circa un anno aveva eletto a pro

"Ritratto del Doge Agostino Pallavicino del 1638".
“Ritratto del Doge Agostino Pallavicino del 1638”.

pria Regina, la Madonna e riteneva queste iniziative necessarie per ottenere riconoscimenti formali, in merito al nuovo titolo regale, da parte delle altre potenze europee.
La misura era colma… ormai lo scontro fra l’autorità ecclesiastica e quella civile rischiava di portare ad un incidente diplomatico con il Vaticano.
Fu così che, nel 1640, Papa Urbano VIII richiamò a Roma il Cardinale per destinarlo come legato pontificio a Bologna.

cappella-doge
“La cappella del Doge a palazzo Ducale”.

Otto anni più tardi nel 1648, Durazzo rientrato a Genova fu, a causa di un’altra diatriba, di nuovo oggetto di domanda di espulsione da parte del Senato.
Questa volta però il Papa Innocenzo X non accolse la richiesta e il Cardinale regnò per altri sedici anni, governando con pugno energico e fermo, la Curia genovese.
Alla sua morte, avvenuta nel 1667, la Repubblica, soprannominandolo “il Borromeo genovese”, nonostante i frequenti attriti, intese riconoscerne le indiscusse doti e qualità… doti e capacità che, oltre ad Agostino Pallavicino, almeno una dozzina di Dogi ebbe modo di testare sulla propria pelle durante i suoi, seppur framezzati, ventinove anni di potere (dal 1635 al 1664).

maggior consiglio
“La sala del maggior consiglio dove avveniva l’elezione del Doge”.

 

Storia di Mediterraneo e della Signora del Mare…

Al tempo in cui il cielo si specchiava tutto il giorno nel mare e l’acqua e la terra si contendevano lo spazio, gli otto venti di Mediterraneo giocavano a rincorrersi, scherzavano con le onde, gareggiavano con i gabbiani e, come discoli troppo vivaci, non davano mai tregua.

Un giorno Mediterraneo, stanco dei loro capricci, andò lontano in cerca di quiete e trovò riparo in un golfo sconosciuto dove, come una perla incastonata nella roccia, sorgeva la bella Genova.

Non appena l’onda spumeggiò lungo il Mandraccio, sotto il colle di Sarzano, rimase ammirato dallo spettacolo che gli si parò davanti: mura maestose aggrappate ad imponenti montagne, campanili e torri che si arrampicavano gli uni alle altre, caruggi stretti e misteriosi e poi un porto brulicante di navi e di marinai affaccendati, colori nitidi e profumi inebrianti, persino il sole sbirciava curioso.

bigo
“I colori del tramonto di riflettono nel Porto Antico”.

Mediterraneo non si era ancora ripreso dall’emozione quando giunsero i venti che lo avevano, dopo averlo cercato dappertutto, finalmente scovato. Anche gli otto fratelli, per un attimo, rimasero sbalorditi e si placarono, la bellezza di Genova, li aveva ammutoliti.

Ma subito Tramontana salì sulle montagne, prese la rincorsa, e si tuffò in mare schizzando Mezzogiorno che, alterato si scatenò da sud in una lotta veemente con il fratello. Accorsero Ponente e Levante per dividerli ma vennero allontanati, ciascuno verso la Riviera che da loro prende il nome. Anche Libeccio e Scirocco, dal caldo temperamento, iniziarono a soffiare forte contrastati dai freddi Maestrale e Grecale, nel frattempo, giunti da nord.

Eolo stesso non avrebbe saputo come fare per ripristinare l’ordine!

 Così Il mare, preoccupato che le bufere, scuotessero la sua bella Genova la avvolse in un tenero e protettivo abbraccio. Da allora i due innamorati non si sono più separati, dal loro amore è nato Ligure e i venti, placati, si sono spartiti le stagioni.

Ancora oggi, ogni sera, Genova arrossisce all’appassionato tramonto che Mediterraneo inscena per la sua sposa, la signora del mare.

In copertina: tramonto sul Porto di Genova. Foto di Stefano Eloggi.

 

La Congiura dei Fieschi… seconda parte…

Giannettino
“Ritratto di Giannettino Doria di F. Salviati, conservato nel Palazzo del Principe”.

La notte fra il 2 e il 3 gennaio dal palazzo di Via Lata, terminata la cena, Gian Luigi Fieschi si diresse con circa trecento uomini in arme verso la Porta dell’Arco affidandola in custodia al fratello Cornelio, comandò a Gerolamo e ad Ottobono di occupare Porta di S. Tommaso (il varco di accesso alla Darsena dove erano ancorate le galee dell’ammiraglio), superò Porta di S. Andrea proseguì lungo S. Donato e S. Bernardo fino a giungere in porto dove l’esercito si divise, una parte pronto a liberare i turchi, l’altra a occupare le galee. Allo sparo stabilito di un cannone i congiurati avrebbero dovuto impossessarsi delle porte sopra citate e complici gli schiavi musulmani liberati in Darsena, catturare le galee dei Doria.

A Tommaso Assereto era stato affidato il compito di conquistare Porta di S. Tommaso cosa che gli riuscì grazie al tradimento di un tal Borgognino guardia repubblicana ma anche vassallo dei Fieschi che facilitò  quindi l’ingresso dei ribelli. Questi al comando di un manipolo di archibugieri fatti arrivare su piccole imbarcazioni dal mare e con l’aiuto del Verrina salito su una galea pontificia ingaggiava battaglia con le guardie dell’Arsenale. Intanto da terra l’Assereto veniva raggiunto dal Fieschi e le navi dei Doria furono conquistate. Gian Luigi a bordo della sua galea chiudeva l’ingresso della Darsena ma, quando le cose avevano preso ormai la piega sperata, nello spostarsi dalla “Capitana” alla “Padrona” due dei legni del Principe, cadde in acqua imprigionato nella sua pesante armatura, morendo affogato senza che nessuno, nel trambusto, se ne accorgesse.

Nel frattempo Giannettino, insospettito dai clamori e dagli spari provenienti dal porto, temendo una rivolta degli schiavi musulmani in Darsena, si era diretto verso la Porta di S. Tommaso dove trovò la morte ferito prima da uno sparo di archibugio di un miliziano, trafitto poi dalla spada di Ottaviano Fieschi.

congiura 4
“La congiura del Fiesco a Genova di Friedrich Schiller”.

Nonostante l’omicidio del Doria, la presa delle principali porte, la cattura delle galee e la messa in libertà dei turchi, la notizia della morte di Gian Luigi si sparse rapidamente e affievolì lo slancio dei ribelli, rendendo vani i tentativi di Gerolamo di spronare gli insorti.

Approfittando della confusione circa trecento musulmani si impossessarono della galea “Temperanza” e in fretta e furia presero il largo. I ribelli timorosi si rifugiarono nelle proprie case, lasciando i Fieschi isolati di fronte al loro misfatto. Gerolamo rientrato in Via Lata fu subito invitato dal Senato a lasciare, in cambio dell’indulto, la città e raggiunse il suo castello di Montoggio.

Verrina, Sacchi, Calcagno e Ottobono fecero vela sopra una nave pontificia verso Marsiglia, cercando protezione presso i francesi.

Andrea Doria intanto, insieme ai suoi familiari e ai suoi pretoriani, si era rifugiato presso il castello Spinola di Masone. Appreso del fallimentare esito della “rassa” (congiura in genovese) l’indomani, nel pomeriggio del 3 gennaio, rientrò e riprese il comando della città.

La congiura avvenuta a Genova ebbe grande risonanza presso tutte le corti europee, divenendo fonte di ispirazione nel corso dei secoli successivi per scrittori, poeti e musicisti.

hitler e i fieschi
“Hitler”.

Grande successo riscosse ad esempio nel ‘700 “La congiura del Fiesco a Genova” di Friedrich Schiller e perfino Hitler ne rimase influenzato come testimoniato da alcuni brani del suo “Mein Kampf”.

Addolorato per la perdita dell’erede designato, Andrea Doria mise in atto un’atroce ed implacabile vendetta….

continua…

In Copertina: stampa raffigurante la caduta in mare di Gianluigi Fieschi.

La Congiura dei Fieschi… prima parte…

Correva l’anno 1547 e da tempo ormai Andrea Doria aveva legato le sorti di Genova alle fortune spagnole, scatenando il malcontento sia dei francesi (che lo consideravano un traditore) che dello Stato Pontificio (alleato dei transalpini). In città infatti la fazione della nobiltà nuova, volta ad una politica più mercantile e vicina alla Francia, rimproverava a quella vecchia, filo spagnola capitanata dai Doria, l’immobilismo finanziario.

doria 2
“Andrea Doria ritratto di Sebastiano del Piombo, presso il Palazzo del Principe”.

Iniziò così a formarsi, promossa dai nobili come i Fieschi, messi in secondo piano dallo strapotere dei Doria, una corrente di pensiero che avrebbe voluto sovvertire l’ordine costituito.

A queste ragioni di carattere politico generale secondo alcuni si aggiunsero motivazioni personali quali l’odio maturato da Gianluigi Fieschi nei confronti dei Doria rei, a suo dire, di essere venuti meno ai patti contratti con il padre Sinibaldo e di essersi arricchiti alle sue spalle. Per altri invece il vero movente sarebbe stato di natura amorosa scatenato da una presunta tresca tra la moglie di Gianluigi, Eleonora Cybo e Giannettino Doria.

paoloiii
“Alessandro Farnese, Papa con il nome di Paolo III, padre di Pierluigi. Ritratto di Tiziano”..

Fu così che il Conte di Lavagna, ottenuta l’approvazione francese, chiese l’appoggio anche del Duca di Piacenza Pierluigi Farnese figlio di papa Paolo III.

Il Pontefice combattuto fra le richieste dell’erede e i rapporti amichevoli di vecchia data con l’ammiraglio preferì invece mantenere una posizione neutrale limitandosi a fornire, per non scontentarlo, quattro galee al Fieschi.

Il piano era quello di uccidere i Doria e di impossessarsi della città restituendole, a detta loro, la libertà. Fra i congiurati parteciparono i fratelli del Conte, Cornelio, Ottobono e Gerolamo, numerosi fuoriusciti, Tommaso Assereto, Raffaele Sacco (giureconsulto dei Conti di Lavagna), il nobile lombardo Vincenzo Calcagno e Giambattista Verrina (l’unico non nobile fra i congiurati di rilievo).

Il 2 gennaio Gian Luigi introdusse in città la sua milizia acquartierandola in parte in una delle galee pontificie ancorate in Darsena, in parte nel suo palazzo di Via Lata. Fece entrare la soldataglia alla spicciolata da una delle porte della città travestita, per non dare nell’occhio, in abiti campagnoli. Sapendo del ricevimento in programma quella sera presso il lussuoso palazzo di Via Lata, per cui sarebbero necessitate abbondanti libagioni e numeroso personale, nessuno si sarebbe insospettito.

Gian luigi fieschi
“Ritratto del Conte Gianluigi Fieschi”.

Il Conte, dal canto suo, non mentiva perché la cena ci fu davvero, un convivio al quale aveva invitato molti nobili e aspiranti tali con l’intento di aggregarli alla rivolta. Il consenso fu unanime a parte due dei partecipanti che vennero imprigionati per non rischiare che diffondessero la notizia.

Notizia che, “come dall’arco scocca, vola veloce di bocca in bocca”, in verità da giorni si era sparsa nelle corti europee fino a giungere, avvertito dal Gonzaga governatore di Milano, all’orecchio di un preoccupato Carlo V.

L’imperatore aveva, tramite il suo ambasciatore Figueroa, subito avvertito il Principe ma questi, di solito attento e pronto a soffocare ogni dissenso, per paura di eccessive intromissioni spagnole, aveva minimizzato il pericolo. Andrea non credeva infatti che Gianluigi, figlio di Sinibaldo suo antico amico ed alleato, potesse ordire tale tradimento.

Dal canto suo il Fieschi nel pomeriggio aveva diabolicamente recitato la sua parte, facendo visita ai Doria nella loro dimora di Fassolo dove, alla presenza di un rasserenato Figueroa, aveva addirittura giocato con i figli di Giannettino….

continua…

 

Chiese e Santuari

"Ebony and Ivory"...

"Ebony and Ivory"...

Prima di percorrere Vico Sotto le Murette ed ammirare i brani delle antiche mura del Barbarossa , allo...
Alla scoperta di S. Francesco d'Albaro...

Alla scoperta di S. Francesco d'Albaro...

Da tempo immemore i Frati Minori Conventuali dalla vicina Abbazia di S. Giuliano, si ritirarono in un...
I tesori di San Donato...

I tesori di San Donato...

Nel cuore della città vecchia, a pochi passi sia dalla zona di San Lorenzo e del palazzo Ducale che ...
Il Palazzo del Vescovo...

Il Palazzo del Vescovo...

Durante i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale tutta l’area di Sarzano subì gravi danni, ne...
L'Abbazia di San Fruttuoso...

L'Abbazia di San Fruttuoso...

Come una perla nascosta in fondo a uno scrigno, riparata da un'incantevole baia, in uno dei luoghi...
L'Arciconfraternita della Morte ed Orazione

L'Arciconfraternita della Morte ed Orazione

L'orribile edificio di vetro e cemento in piazza Santa Sabina che ospita una filiale della banca Carige...
La chiesa del Gesù...

La chiesa del Gesù...

In Piazza Matteotti , accanto al palazzo Ducale, si affaccia la chiesa insieme all'Annunziata , più ...
La chiesa dove splende sempre il sole...

La chiesa dove splende sempre il sole...

Fuori dalle Mura del Barbarossa , costruite fra il 1155 e il 1163, si trovava la zona militare dove...
La chiesa inferiore di San Giovanni di Pre'

La chiesa inferiore di San Giovanni di Pre'

L'ambiente essenziale e austero proietta in un baleno il visitatore indietro di quasi nove secoli in...
La chiesa superiore di San Giovanni

La chiesa superiore di San Giovanni

La chiesa superiore di San Giovanni evangelista costituisce insieme a quella inferiore , al convento...
La Confraternita delle Anime e della Cintura

La Confraternita delle Anime e della Cintura

Al civ. n. 68 di via San Vincenzo l’edificio che ospita oggi il Circolo Ufficiali un tempo era la c...
La cripta più antica

La cripta più antica

Nella versione attuale il santuario delle Grazie, causa i bombardamenti della seconda guerra mondiale,...
La sacrestia delle meraviglie

La sacrestia delle meraviglie

La sacrestia di Santa Maria di Castello costituisce un ambiente assai suggestivo, degna anteprima...
Le Filippine in Via Polleri

Le Filippine in Via Polleri

A pochi passi dalla chiesa dell'Annunziata a fianco di piazza Bandiera si snoda via Polleri la strada...
Nostra Signora del Monte...

Nostra Signora del Monte...

Sulla collina di San Fruttuoso si staglia il santuario di Nostra Signora del Monte, uno dei luoghi di...
Oratorio delle Cinque Piaghe

Oratorio delle Cinque Piaghe

L'Oratorio di San Tommaso era in origine attiguo all'omonima chiesa di Principe e vicino all'ospedale...
S. Bartolomeo dell'Olivella...

S. Bartolomeo dell'Olivella...

Complesso conventuale eretto nel 1305 dai monaci Cistercensi come ci ricorda una lapide, posta all'ingresso...
S. Marco al Molo... non solo storia di un leone...

S. Marco al Molo... non solo storia di un leone...

Con lo sviluppo delle attività marittime la famiglia Striggiaporco ottenne nel 1173 dal Vescovo Ugo ...
S. Maria delle Vigne...

S. Maria delle Vigne...

Fin dal al V sec. d. C. si ha notizia di una minuscola cappella intitolata, in zona, alla Madonna. Ma...
S. Michele ieri... S. Stefano oggi...

S. Michele ieri... S. Stefano oggi...

Nel luogo dove si staglia oggi la chiesa di S. Stefano un tempo esisteva quella antichissima voluta dai...
S. Salvatore... dove si riflette l'anima...

S. Salvatore... dove si riflette l'anima...

Nel cuore medievale di Genova, in Piazza Sarzano , poco distante da S. Agostino e da S. Silvestro ,...
San Giacomo delle Fucine

San Giacomo delle Fucine

In Salita Santa Caterina all'altezza del civ. n. 21r. imbrigliata fra i cavi elettrici è affissa una ...
San Marcellino

San Marcellino

La chiesa di San Marcellino, sita nell'omonima piazza, guadagna il suo spazio senza tempo fra via del...
San Pancrazio

San Pancrazio

Nella zona retrostante Sottoripa, Fossatello e la Basilica di S. Siro, si incontra la chiesa intitolata...
San Torpete

San Torpete

In piazza San Giorgio , in quello che un tempo era l'antico mercato bizantino, sorgono una accanto all'altra...
Santa Maria in Passione

Santa Maria in Passione

Percorrendo la salita che costeggia sulla sinistra la Basilica di Santa Maria di Castello si giunge...
SS. Cosma e Damiano...

SS. Cosma e Damiano...

Si tratta indiscutibilmente di uno dei luoghi di culto più affascinanti della città. Collocata sotto la...
Storia di un santuario antichissimo...

Storia di un santuario antichissimo...

 e di un Frate speciale.... In Piazza delle Grazie, davanti all'omonimo santuario, svetta opera ...
Storia di un Santuario...

Storia di un Santuario...

... di un presidio secolare di Libertà... di una battaglia impari... di uomini coraggiosi e... di un ...
Storia di un santuario... di un presepe...

Storia di un santuario... di un presepe...

e di ospiti molto altolocati... Sulle alture del Monte Galletto si staglia il settecentesco Santuario...
Storia di un'Abbazia poco nota... di santi protettori...

Storia di un'Abbazia poco nota... di santi protettori...

Sulle alture della circonvallazione a monte, sconosciuta ai più, si staglia l'antica abbazia di S. Maria ...
Storia di una Chiesa particolare...

Storia di una Chiesa particolare...

 profondamente genovese... In Piazza Banchi attigua all'antica Porta di S. Pietro fin dal 862...
Storia di una contesa...

Storia di una contesa...

d'onore e di una Chiesa... ormai dimenticata... Non è la Cattedrale, né S. Agostino , né Sa...
Storia di una leggenda...

Storia di una leggenda...

... di una chiesa... e di un campanile.... molto particolare... Alla sua morte, avvenuta nel...
Storia...di tre Cattedrali estive ed invernali....

Storia...di tre Cattedrali estive ed invernali....

La più antica cattedrale cittadina era l'odierna chiesa di S. Siro fondata, fuori le Mura , nel lV ...

S. Maria delle Vigne…

"Volta affrescata della navata centrale".
“Volta affrescata della navata centrale”.

Fin dal al V sec. d. C. si ha notizia di una minuscola cappella intitolata, in zona, alla Madonna. Ma fu solo poco prima dell’anno mille che il visconte di Carmandino concesse l’edificazione nella sua proprietà “in Vineis” (presso le vigne, la zona era adibita infatti a vigneto) fuori le mura, di una vera e propria chiesa intitolata a Maria. Nacque così la parrocchia di S. Maria delle Vigne la più antica sede del culto mariano in città, originariamente costruita in forme gotiche con pietra di taglio, restaurata ed ingrandita nel ‘500 su progetto del Vannone. La facciata attuale invece risale al 1841 ad opera del Cremona.

"Campanile delle Vigne".
“Campanile delle Vigne”.

“Le Vigne” come familiarmente chiamata dai genovesi presenta già all’esterno numerose sorprese: in primis lo splendido campanile romanico del XII sec. perfettamente conservato poi, sul fianco destro, un portale quattrocentesco con le statue coeve di S. Lorenzo (oggi al Museo Diocesano) del Gaggini e di S. Giorgio del Rodari (rubata e mai recuperata) sovrastate da un Padre eterno benedicente con nella lunetta sottostante, l’affresco della Madonna con bambino e San Giovannino di Domenico Piola.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è FB_IMG_1681639121046-1024x822-1.jpg
in Vico del Campanile delle Vigne sul lato sinistro si notano degli archi. Secondo alcuni resti di tombe paleocristiane, secondo altri tracce di magazzini medievali. Foto di Leti Gagge.

 

"Tomba in arcosolio di Anselmo d'Incisa". Quella esposta all'esterno è un fedele calco, l'originale è conservato nel Museo Diocesano.
“Tomba in arcosolio di Anselmo d’Incisa”. Quella esposta all’esterno è un fedele calco, l’originale è conservato nel Museo Diocesano.

Sempre all’esterno, percorrendo il Vico del Campanile delle Vigne si incontrano degli archetti che farebbero pensare a qualche antica cantina o magazzino, trattasi invece più probabilmente di antichi resti di tombe di un cimitero paleocristiano. Poco più avanti, sotto l’arco del campanile, ci si imbatte poi in uno strepitoso sarcofago del II sec. d.C. raffigurante la morte di Fedra. Nel 1304 venne utilizzato per conservare le spoglie mortali di Anselmo d’Incisa, astronomo, alchimista e medico personale di Papa Bonifacio VIII e di Filippo il Bello, re di Francia.

received_1396785290338969
“Il Chiostro” foto di Leti Gagge

Proprio di fronte, concepito su due piani con doppio ordine di colonne, ecco il chiostro protetto dall’immancabile S. Giorgio ricco di antiche lapidi che ne raccontano la lunga storia (costruito nel 1025). Una di queste racconta la visita nel 1815 di Papa Pio VII, un’altra più curiosa, ricorda come in questo luogo sia stata fondata la prima comunità scoutistica cattolica italiana nel 1913 ad opera di Mario Mazza e del dottor James Spensley (fondatore anche del CFC Genoa).

received_1396785443672287
“S. Giorgio che uccide il drago”. Foto di Leti Gagge

All’interno numerose sono le opere d’arte che meriterebbero menzione; artisti come il Piola, Il Maragliano, Domenico Parodi, Gregorio De Ferrari, il Mazone, Filippo Parodi, Giovanni Andrea e Taddeo Carlone, Lazzaro Tavarone

"Madonna trecentesca del senese Taddeo di Bartolo".
“Madonna trecentesca del senese Taddeo di Bartolo”.
"Targa commemorativa della fondazione dello scoutismo".
“Targa commemorativa della fondazione dello scoutismo”.

“Tomba in arcosolio di Anselmo d’Incisa”. Quella esposta all’esterno è un fedele calco, l’originale è conservato nel Museo Diocesano.

e molti altri ancora, impossibile citarli tutti ma, fra tutte, quella che più rimane nel cuore è la meravigliosa Madonna trecentesca di Taddeo di Bartolo. Qui è sepolto anche il musicista Stradella assassinato nel 1682 per affari di cuore davanti a S. Pietro in Banchi.

Papa Pio VII vi celebrò messa per tre mesi, Giacomo della Chiesa, futuro Papa Benedetto XV, vi venne battezzato nel 1854. Forse anche per questi motivi S. Maria delle Vigne beneficia di alcuni singolari privilegi: ancora oggi al suo prevosto è riconosciuto il titolo di “prelato d’onore di Sua Santità” e Papa Giovanni Paolo II l’ha elevata nel 1983 al rango di Basilica minore inoltre, a differenza di quasi tutti gli altri luoghi di culto cittadini, come attestato da apposita iscrizione, non gode di immunità.

In Copertina: La Madonna delle Vigne. Sull’altare maggiore, ultimo lavoro di Giacomo Antonio Ponsonelli (1730) su disegno di Pierre Puget, è posta una statua della Madonna, sorretta da figure d’angeli.

Storia della focaccia recchelina…

La storia della focaccia al formaggio affonda le proprie radici in tempi molto lontani: addirittura, secondo alcuni, nel giorno della Pentecoste dell’anno 1189 era già presente nel banchetto imbandito presso l’abbazia di Capodimonte (San Fruttuoso) per celebrare, dopo il solenne Te Deum in chiesa, i crociati in partenza per la terza crociata in Terrasanta.

L’elenco delle cibarie infatti, oltre a pagnotte di farro e grano farcite di miele, fichi secchi e zibibbo, pesce in carpione, agliata e olive, descrive appunto una singolare focaccia di semola con giuncata rappresa.

Secondo altri invece la sua origine sarebbe relativamente più recente e risalirebbe al periodo a cavallo fra ‘500 e ‘600 quando tutta la riviera di levante, e la zona di Recco in particolare, erano oggetto delle frequenti incursioni estive dei pirati musulmani. Gli uomini rimanevano a presidiare il litorale mentre donne, anziani e bambini si recavano nell’entroterra carichi del sale,della farina e dell’olio necessari per sopravvivere. Non potendo infatti curarsi degli orti né dedicarsi alla pesca per provvedere al loro sostentamento, i nostri avi preferivano mettere al sicuro i propri cari per poter meglio occuparsi della difesa delle coste e del territorio.

"La focaccia prima della cottura".
“La focaccia prima della cottura”.

Fu così che le donne barattarono olio e sale, che avevano in abbondanza, con il formaggio dei pastori (all’inizio di pecora poi cagliata vaccina, la prescinseua) delle valli limitrofe, impastarono il composto di olio e sale con l’acqua dei torrenti, aggiunsero le formaggette e le cossero su lastre di ardesia creando in questo modo la gustosa focaccia. Per molti anni venne preparata solo per celebrare il 2 novembre, la ricorrenza dei defunti.

Con il tempo alla formaggetta ligure e alla prescinseua è stata sostituita la crescenza lombarda, per il resto ricetta e preparazione sono rimaste sostanzialmente inalterate. Che sia per merito del cenobio di San Fruttuoso e dei crociati o delle donne dei marinai della Repubblica una cosa certa è che fu la cuoca Manuelina, a fine ‘800, a riprendere il piatto dalle antiche origini per riproporlo agli avventori della sua trattoria di Recco. Ben presto la sua fama si sparse anche negli ambienti della Genova bene e divenne, insieme alle trofie, un classico della cucina recchelina.

Il locale che ancora oggi ne porta il nome sforna un’ottima focaccia al formaggio; ma se volete una serata alternativa portatevi della Bianchetta fresca, fermatevi al forno Moltedo sotto il ponte ferroviario, acquistata la focaccia, proseguite verso la Ruta. Dopo pochi chilometri sulla destra troverete un piccolo spiazzo dotato di un paio di panchine, affacciato sul golfo Paradiso. Assisterete ad un tramonto senza eguali gustando un cibo straordinario e avrete la piacevole sensazione di essere in pace con il mondo.

I tesori di San Donato…

Nel cuore della città vecchia, a pochi passi sia dalla zona di San Lorenzo e del palazzo Ducale che della piazza delle Erbe, quasi nascosta fra gli edifici e le logge medievali, si incontra l’antica chiesa di San Donato.

Venne eretta nell’XI sec., probabilmente sulle basi di una più antica cappella preesistente del VII sec., per onorare  la figura del vescovo martire aretino Donato. In zona infatti era a quel tempo forte la presenza di una comunità assai fiorente di mercanti provenienti da Arezzo, dediti al commercio di metalli, di spezie, di stoffe e di derrate alimentari.

Attorno al 1160 vantava già il titolo di parrocchia e nel 1189, grazie all’arcivescovo Bonifacio che ne era stato prevosto, venne consacrata ed affidata alla collegiata dei canonici.

San Donato ricoprì un ruolo importante anche nell’ambito civile visto che fu una delle sedi in cui si riunivano i consoli dei placiti per deliberare le loro sentenze e che fu una delle chiese sul cui portale furono affissi gli anelli delle catene di Portopisano, prestigioso bottino di guerra a ricordo della vittoria sui pisani.

Come ricordato da apposita lapide sul portale la parrocchia venne fregiata della facoltà di indire messa in regime di “Indulgentia plenaria”, garantendo l’assoluzione ai crociati e non solo, di ritorno dalla Terrasanta.

"La torre nolare del campanile di San Donato".
“La torre nolare del campanile di San Donato”.

Come altri edifici della zona San Donato subì gravi danni in seguito al bombardamento di Re Sole del 1684 e soprattutto di quelli del 22 ottobre e del 6 novembre del 1942 e del 4 settembre 1944 durante la seconda guerra mondiale.

Legata alle vicende della parrocchia e soprattutto a quelle della città è la presenza di una lapide su un moderno palazzo di Vico Biscotti dove un tempo sorgeva l’attiguo oratorio della Morte e della Misericordia eretto nel 1637 per volere della potentissima Arciconfraternita della Morte che si occupava di dare cristiana e decorosa sepoltura ai meno abbienti: le pesti e i morbi che decimavano la popolazione infatti erano frequenti e non tutti potevano permettersi un dignitoso funerale.

La chiesa di San Donato ancora oggi è nota ai genovesi per il suo singolare campanile ottagonale e per la sua sontuosa edicola barocca opera del Casella meglio noto, per il suo carattere irascibile e rissaiolo, come lo “Scorticone”.

"L'edicola barocca di Domenico Fiasella".
“L’edicola barocca di Gian Domenico Casella”.
Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è barnaba-da-modena-1300-c-630x1024.jpg
La Madonna del Latte di Barnaba da Modena.

Ma è al suo interno che cela i suoi tesori più preziosi: oltre ad un crocifisso proveniente dalle crociate, ad una statua lignea processionale della Madonna del Carmine, ad un’altra statua di Madonna col bambino del Casella e alla celebre trecentesca Madonna del Latte di Barnaba da Modena, nella cappella dei falegnami di San Giuseppe sono presenti tre straordinari capolavori oggetto di visita e ammirazione soprattutto da parte di turisti stranieri ammaliati dalla loro bellezza:

Il trittico dell’Adorazione dei Magi opera del 1515 di Joos Van Cleve artista fiammingo assai stimato in tutta Europa, la trecentesca Madonna con bambino capolavoro di Nicolò da Voltri assolutamente degna dei maestri senesi dai quali trasse ispirazione e una secentesca Sacra Famiglia, commissionata a Domenico Piola dalla Confraternita dei falegnami, la cui singolarità consta nel fatto che Gesù non è in braccio alla Vergine ma a Giuseppe.

"Madonna con bambino di Nicolò da Voltri".
“Madonna con bambino di Nicolò da Voltri”.

 

"L'adorazione dei Mafi" di Joos Van Cleve.
“L’adorazione dei Magi” di Joos Van Cleve.

 

"Sacra famiglia" di Domenico Piola.
“Sacra Famiglia” di Domenico Piola.

 

“Documento del Battesimo di Paganini del 28 ottobre 1782”.

Ultima  curiosità, proprio di fronte al polittico, il certificato di battesimo di Niccolò Paganini, sacramento ricevuto dal musicista nella vicina chiesa di S. Salvatore.

A differenza del cavallo del popolare proverbio a San Donato val la pena di “guardare in bocca”…

La Croce degli Zaccaria…

Nella cripta del Museo della cattedrale di S. Lorenzo è custodito uno dei più importanti gioielli del mondo occidentale; un manufatto di inestimabile valore storico, religioso, gemmologico e simbolico. Si tratta della Croce degli Zaccaria, così chiamata dal nome della nobile famiglia genovese che a lungo, prima di donarla al capitolo di S. Lorenzo, ne ebbe la proprietà.

La croce venne commissionata nel IX sec. da Bard, fratello dell’imperatrice madre Teodolinda, per conservare adeguatamente due sacri frammenti della Vera Croce raccolti da San Giovanni Evangelista in persona sui quali, secondo la tradizione, Gesù avrebbe poggiato il capo.

La preziosa reliquia venne donata dal futuro imperatore alla basilica di Efeso, la più importante chiesa cristiana d’Oriente e custodita, su disposizione dell’arcivescovo Ciriaco, all’interno di una sfarzosa teca d’oro.

Nella seconda metà del ‘200 il vescovo Isacco, preoccupato per lo stato di cattiva conservazione della croce, la fece restaurare conferendole l’odierno aspetto di stauroteca (contenitore a forma di croce di reliquie sacre): la parte anteriore è costituita da una lamina d’oro, decorata con pietre preziose e con al centro le due sacre schegge, l’impugnatura invece, sempre di pregiata manifattura bizantina, risale al XV sec.

Il retro reca una scritta in greco che recita: “Questa sacra custodia Bard fabbricò e Isacco arcivescovo rinnovò perché logora”. Alle quattro estremità dei bracci sono raffigurati insieme ai loro monogrammi in alto Cristo pantocratore, al centro la Vergine e ai suoi lati a destra l’arcangelo Gabriele, a sinistra l’arcangelo Michele, in basso San Giovanni Crisostomo.

Nel 1304 i Turchi selgiuchidi saccheggiarono la basilica depredandola di ogni ricchezza, croce compresa.

"Una delle sale della cripta del Museo di S. Lorenzo".
“Una delle sale della cripta del Museo di S. Lorenzo”.

Fu Manuele, signore di Focea e potente esponente della casata degli Zaccaria, erede di quello straordinario ammiraglio che fu Benedetto (fondatore della marina militare castigliana, riorganizzatore di quella francese ed eroe della Meloria) che la riacquistò dagli infedeli in cambio di un’ingente partita di grano.

Solo quattro anni dopo, la notte di pasqua del 1308, un manipolo di avventurieri catalani al comando del terribile condottiero Muntaner razziarono la chiesa di Focea alla quale era stata affidata la custodia della croce e se ne impadronirono. Teodisio, figlio di Manuele lo stesso anno, assediati i pirati nell’isola di Taso, ne ottenne la restituzione. Gli Zaccaria di Focea continuarono a tramandarsi il sacro reliquiario fino al 1380, anno in cui Centurione Zaccaria la donò alla Cattedrale di Genova. Da allora venne portata in processione insieme alla celebre arca del Corpus Domini, anch’essa custodita nella cripta del museo di S. Lorenzo, in occasione dell’omonima ricorrenza e, soprattutto, utilizzata per la benedizione durante la cerimonia del Doge entrante.

"La Croce degli Zaccaria nella sua scenografica collocazione museale".
“La Croce degli Zaccaria nella sua scenografica collocazione museale”.

Gli Zaccaria, i Dogi, la gloriosa Repubblica non ci sono più ma la Croce, testimonianza tangibile di una devozione secolare, benedice ancor oggi l’insediamento dell’arcivescovo di Genova simboleggiando il duplice valore civile e religioso della sacra reliquia.

In Copertina: La Croce degli Zaccaria. Foto di Giovanni Caciagli.

Storia del Maestro… e il legno prende vita e forma…

Nasce a Genova nel 1664 il più grande scultore del suo tempo. Entra giovanissimo, in qualità di apprendista, nella bottega dello zio Gio Batta iniziando a copiare le opere del Bissone.

A soli ventiquattro anni il Maragliano possiede già una bottega tutta sua sita in Via Giulia (attuale Via XX Settembre) e diviene maestro indiscusso delle sculture lignee.

La sua scuola produrrà casse processionali, crocifissi, sculture sacre in tutta la Liguria ma la sua fama varcherà i confini della Repubblica esaudendo commesse per diverse città spagnole, Cadice e Siviglia in particolare.

oratorio di S. Agostino Savona incoronazione di spine
“Oratorio dei SS. Agostino e Monica in Savona. Cassa processionale della incoronazione di spine”.

 

Grande amico del pittore Domenico Piola che aveva il suo studio nella poco distante Salita San Leonardo, incontra e apprezza il concittadino Filippo Parodi e il marsigliese Pierre Puget, anch’essi scultori di prim’ordine.

Come il Piola nella pittura e il Parodi nel marmo, Anton Maria rivoluziona l’arte del legno anticipando gli stilemi del Barocco genovese.

Fra le innumerevoli opere, quelle forse più care e note ai genovesi, sono le statuine del presepe e la celeberrima Pietà, entrambe custodite nel Santuario della Madonnetta.

"Particolare del presepe".
“Particolare del presepe”.

 

Dopo oltre cinquant’anni di arte sacra portata ai massimi livelli Maragliano, di ritorno da uno dei suoi frequenti viaggi in Spagna, nel 1739 si spegne nella sua Genova. A raccoglierne la preziosa eredità artistica, oltre ai discepoli della sua bottega Agostino Storace e Pietro Galleano, sarà l’allievo di quest’ultimo Pasquale Navone, il vero continuatore della feconda tradizione scultorea genovese.

 

"Cristo bianco in San Bartolomeo degli Armeni".
“Cristo bianco in San Bartolomeo degli Armeni”.