Il cadavere di Gian Luigi venne ripescato quattro giorni dopo restituito dalle acque della Darsena e, dopo essere stato esposto al pubblico ludibrio per due mesi appeso alla Porta di S. Tommaso, venne rigettato in mare non meritevole di sepoltura.
Con questo atto Andrea dava inizio alla resa dei conti: l'indulto concesso ai Fieschi venne revocato, confiscate le loro proprietà (come del resto a tutti gli altri cospiratori), il palazzo della casata di Via Lata, raso al suolo, distrutte le fondamenta.
Gerolamo, asserragliato nel castello di Montoggio con il suo seguito, dopo mesi di disperata resistenza, venne catturato e giustiziato per decapitazione.
Ma l'ammiraglio, come il Conte di Montecristo di Dumas, seppe consumare la propria vendetta anche nei mesi e negli anni successivi; eliminò uno ad uno per mano dei suoi sicari, tutti i principali componenti della rivolta, colpevoli dell'assassinio del nipote prediletto.
Verrina venne decapitato, gli altri congiurati uccisi, tutti i Fieschi cospiratori di sesso maschile ammazzati. Nemmeno il Duca di Piacenza scampò al suo nefasto destino, assassinato barbaramente il 10 settembre di quell'anno, perse il suo Ducato a vantaggio dei Gonzaga, alleati del Doria.
Il Principe, nonostante le insistenze del Figueroa che intendeva approfittare della situazione per instaurare un dominio spagnolo più diretto, si oppose fermamente alla costruzione della fortezza di Pietraminuta (all'incirca zona dove si staglia l'odierno castello D'Albertis) dalla quale il contingente ispanico avrebbe controllato la città. Lui che aveva cancellato la Briglia (la fortezza ai piedi della Lanterna) e il Castelletto (attuale area occupata da piazza G. Villa), simboli del dominio foresto dalla topografia di genova, non avrebbe potuto tollerare questa sfacciata ingerenza. Inviò così a Madrid Adamo centurione, il più potente banchiere del tempo (e finanziatore delle casse imperiali), per persuadere Carlo V a recedere dal proprio intento ricordandogli come le grandezze della casata asburgica fossero tali anche grazie al suo prezioso apporto: “Dubita forse sua Altezza che il principe, ammiraglio supremo dell'Impero, fedele alleato di Spagna, signore del mare e terrore dei Turchi, non sappia mantenere l'ordine nella propria patria?”. Queste furono probabilmente le parole pronunciate dal Centurione.
L'Imperatore comprese e rispettò l'orgoglio dell' ammiraglio genovese e diede ordine di ritirare la flotta ispanica nel frattempo accorsa per prendere possesso della Repubblica.
Doria, riguadagnato il sostegno di tutti per la risolutezza con cui aveva gestito la delicata situazione, promulgò un nuovo ordinamento giuridico detto del “Garibetto” per via del garbo e dell'intelligenza con cui, grazie queste leggi, seppe riappacificare nobili vecchi e nobili nuovi, privilegiando i primi senza scontentare i secondi, aprendo così un nuovo decennio di pace e prosperità per la Superba.
In Copertina: le rovine del Castello di Montoggio