Via al Ponte Reale

Sotto il selciato scorre ancora il torrente chiamato Riale di Soziglia da cui il nome del caruggio.

Tale torrente raccoglieva le acque del Rio Bachernia e delle Fontane Marose.

Il toponimo deriva dal ponte che attraversava il corso d’acqua nei pressi di palazzo San Giorgio.

Nel tempo per storpiatura dialettale il Rio (rià) si è trasformato in reale creando confusione con il successivo ponte Reale, il passaggio coperto dei Savoia (poi abbattuto per far spazio alla Sopraelevata), nell’odierna via Gramsci.

In Copertina: Via al Ponte Reale. Foto di Giovanni Cogorno.

Edicola con Madonna e San Domenico

In Piazza delle Erbe sul fronte del palazzo al civ. n. 6r che ospita il celebre Bar Berto si trova un’edicola del XIX secolo raffigurante la Madonna col Bambinello e San Domenico.

All’interno di una cornice rettangolare in stucco con decorazioni e motivi geometrici policromi è collocato un dipinto di autore ignoto.

Il Santo è in ginocchio in atto di adorazione mentre alcuni angeli sorvolano la Vergine e il Bambinello.

Alla base della cornice in rilievo un cherubino alato.

Vico Carmagnola

Da Via XV Aprile si stacca il piccolo caruggio di vico Carmagnola che conduce a vico e piazza dei Garibaldi.

Il vicolo trae origine dall’omonima famiglia proveniente da Carmagnola in Piemonte attorno al 1450.

Con la riforma degli Alberghi del 1528 i Carmagnola confluirono nei Di Negro e annoverarono fra le loro file diversi funzionari e Senatori.

In primo piano la scaletta che porta in via XXV Aprile. Sullo sfondo si intravede il superbo portale in pietra nera del palazzo Giovanni Garibaldi.

In Copertina: Vico Carmagnola. Foto di Ombretta Napoleone.

Edicola in Scurreria la Vecchia di fronte civ. n. 5

Di fronte al civ. n. 5 di Scurreria la Vecchia in corrispondenza del muro di contenimento del Chiostro dei Canonici di San Lorenzo è collocata una preziosa edicola secentesca.

Si tratta infatti di una votiva di Madonna col Bambino realizzata nel 1622.

All’interno del medaglione ovale in stucco dorato era conservato un dipinto su tavola purtroppo oggi scomparso.

Rimane sotto la tettoia in pietra uno scenografico decoro a drappeggio in uno splendido azzurro con teste di cherubini alati, riccioli e motivi floreali. Sotto la mensa spicca un cherubino ad ali spiegate.

In Copertina: La Madonna di fronte al civ. n. 5 di Scurreria la Vecchia. Foto di Giovanni Caciagli.

Vico Saturno

Nella zona della Maddalena Vico Saturno collega vico Griffoni con via al Ponte Calvi e Piazza del Fossatello.

L’origine del toponimo è ignota. Di certo nulla ha a che fare nè con il nome del dio romano dell’agricoltura Saturno, a suo volta omologo del greco Kronos, né con quello del pianeta che da questi deriva.

Probabilmente in questo caso Saturno, vista la tetra conformazione del vicolo, rimanda invece al significato in lingua genovese di cupo, malinconico, tenebroso.

In Copertina: Vico Saturno. Foto di Giovanni Cogorno.

Vico degli Indoratori

Anticamente all’incirca dal 1200 vico Indoratori, conosciuto come Vico dei Camilla (dal nome dell’omonima nobile famiglia oggi estinta), era il principale collegamento fra la zona del Palazzo Ducale e il mare.

Al civ. n.2 noto come Palazzo Fieschi o Camilla, caratterizzato da un superbo portale quattrocentesco della bottega dei Gaggini, ebbe i natali Santa Caterina (Fieschi) da Genova.

A partire dal ‘500 vi si insediarono le botteghe dei doratori ovvero quegli artigiani che rivestivano le armi e decorazioni in legno con sottili e pregiate lamine d’oro.

Con le vicine Scurreria la zona degli scutai e Campetto il campo dei fabbri, la contrada era molto frequentata e di certo il lavoro non mancava.

In primo piano sulla all’angolo con Scurreria la Vecchia si trova la settecentesca edicola della Madonna col Bambino e i Santi Giovanni Battista e Lorenzo.

In Copertina: Vico degli Indoratori. Foto di Anna Armenise.

Il marmo igienico

In Piazza Fontane Marose in un lato del Palazzo Interiano Pallavicino si trova una sporgenza di marmo dalla curiosa forma.

Tale manufatto aveva la duplice funzione di evitare che quell’angolo diventasse un orinatorio pubblico o un nascondiglio per malintenzionati.

Il riempire gli angoli con pietre, marmi e materiale vario, serviva a salvaguardare ambienti poco areati come quelli dei caruggi, dalla puzza e dal proliferare delle malattie.

Purtroppo infatti orinare sui muri e fare i propri bisogni all’aperto era un tempo usanza diffusa.

Di questa pratica deterrente esistono anche altre testimonianze. Ad esempio un’altra sporgenza con scanalature molto simili, in Via San Siro e altre due, invece lisce, in via Balbi all’ingresso della Facoltà di Giurisprudenza (ex convento dei Gesuiti).

In Copertina: Il marmo igienico di Palazzo Interiano Pallavicino. Foto di Stefano Eloggi.


Vico delle Camelie

Singolare la disposizione delle targhe che segnano il confine tra via delle Grazie e via delle Camelie.

Un tempo quest’ultimo era noto come Vico Largo. Intitolazione che venne poi mutata nell’attuale nel 1868 per non confonderlo con il vico Largo del sestiere di Prè.

Il caruggio scendeva verso il molo vecchio e costituiva l’inizio del tragitto della ripa tangente alle case e ai magazzini che si affacciavano direttamente sui moli del porto medievale.

Si trattava di una sorta di primitiva circonvallazione a mare che comprendeva Vico Largo, Via delle Grazie, vico di Canneto il Curto, via San Luca e via del Campo fino a Porta dei Vacca.

L’anello collegava i tre sestieri entro la cinta muraria con relativi scali dal Molo Vecchio alla Darsena.

In Copertina: Via delle Camelie incontra via delle Grazie. Foto di Stefano Eloggi.