“Due passi in Via Luccoli”…

Anticamente Via Luccoli era poco più che una mulattiera che attraversava un bosco consacrato alle divinità pagane. “Luculus”che in latino infatti significa “piccolo bosco” era l’area dedicata a Camuho Dio del Sole e ad Acca la dea della Luna. Da questa curiosa unione deriva anche il nome di Acquasola che culminava proprio in cima alla zona dei boschetti sacri. In quel tempo era purtroppo normale fare sacrifici umani per ingraziarsi le divinità.

Secondo una popolare leggenda una di queste vittime che, oltre mille anni dopo, gironzola ancora oggi nel vicolo, ignara del proprio triste destino, è il fantasma di un ingenuo fanciullo che sorride ai passanti.

Il caruggio fu costruito nel XIII sec. al tempo in cui gli Spinola si insediarono nella zona costruendo i propri palazzi e aprendo le proprie botteghe.

Il tracciato della creuza segue pari pari il corso del sottostante rio che convoglia le acque provenienti da Via Caffaro e proseguiva fino alla Porta dell’Acquasola. In origine, era fuori le mura, all’interno delle quali venne inserito solo con l’erezione della cinta cinquecentesca.

La funzione di tale strada venne ridimensionata nei secoli successivi  quando venne interrotta a causa dell’ottocentesca costruzione di Via Carlo Felice e all’ ampliamento di Piazza Fontane Marose nel 1825.

La conformazione in cui ancora oggi la possiamo ammirare risale al XVI sec quando le torri furono abbattute, le logge murate e i porticati chiusi. Vennero così edificate nuove costruzioni sfarzosamente decorate ed affrescate. Alcune di esse, nonostante gli stravolgimenti urbanistici avvenuti fino ai giorni nostri, mantengono ancora intatto il loro fascino e sono sempre fonte di sorprendenti scoperte..

“Portale di San Giorgio e il Drago al civ. 14”.

Proseguendo nella passeggiata al civ. n. 14 si può ammirare un raffinato portale marmoreo che riproduce la tradizionale scena di S. Giorgio che uccide il drago.

Ai numeri 16 e 18 si nota il basamento in pietra nera di promontorio di una loggia tamponata del XV sec. che in origine, proseguiva in Vico Lavagna e Via ai Macelli di Soziglia e occupava tutto il perimetro del palazzo. I sei archi tamponati, speculari rispetto a quelli della parte residenziale della loggia lato Via Luccoli, un tempo ospitavano le botteghe dei macelli.

“Due delle logge tamponate”.
“A sinistra il portale bianco con le cornucopie”. Foto di Bruno Evrinetti.

Al civ. 11 r si nota sopra un portone bianco un bel fregio con tre cornucopie colme di frutta che sovrasta un’attività commerciale.

“L’atrio con il Ninfeo in Via San Sebastiano 15”.

Sul retro del civ. n. 22 nel giardino pensile ricoverava, prima di essere trasferito nell’atrio del palazzo di Via Sebastiano 15, un ninfeo con Tritone del XVII sec.

“Portale e stucchi della facciata di Palazzo Niccolò Spinola”. Foto di Francesco Auteri.

Nella piazzetta al civ. n. 23 si ci imbatte nello spettacolare Palazzo Niccolò Spinola di Luccoli, noto anche come Bertollo già Franzoni. Il portale presenta semicolonne ioniche mentre nel bel atrio con volte alcune colonne barbaramente murate sono semi nascoste dalla vetrina di un negozio di erboristeria. L’edificio è stato completamente ristrutturato nel XVIII sec. e arricchito sul prospetto con eleganti ornamenti in stucco.

Ai civ. 9 r e 24 edicole di Madonne col Bambino o mancanti o mutile.

“La scritta abrasa ma ancora leggibile sul trave del portale del civ. n. 26”.

Al civ. 26 sopra il portale in marmo bianco inciso un motto, per noi genovesi, assai pertinente: “Sumptus Censum non Superet” (la spesa non sia maggiore dell’entrata). Varcato il portone, scale, ballatoio e colonne tutti rigorosamente in marmo con i primi due piani superbamente rivestiti in azulejos.

“L’edicola gotica del pluviale”. Foto di Leti Gagge.

Infine, sempre al 26 l’edicola gotica del XIV sec. della Madonna col bambino, San Giovanni Battista e San Michele Arcangelo attraversata, senza il minimo rispetto, da un pluviale e offesa da una persiana. Il trittico raffigura la Madonna e il Bambino al centro e ai lati sotto le cuspidi coniche i due santi con S. Michele che calpesta il drago. Alla base una metaforica rappresentazione della grottesca natura umana.

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